Infine, il 20 Dicembre 2011, in pochi minuti, il consiglio comunale di Dolo alla sola presenza dei consiglieri della Lega Nord e loro sostenitori selezionati, ha ufficialmente ratificato in solitudine l’approvazione Di Veneto City.
La Lega Nord è quel partito che in fase elettorale proclama di voler dar voce alle esigenze della popolazione locale, padrona in casa propria, ma di fatto consegna formalmente il territorio nelle mani degli speculatori che intendono costruire un mostro edificatorio dove prima sorgevano terreni agricoli, nonostante il progetto sia fortemente respinto dagli abitanti stessi, a cominciare da alcuni agricoltori che verranno espropriati dei terreni d’autorità ad un prezzo molto inferiore a quello speculativo.
Non solo, ma il progetto è contestato anche dagli esercenti veneti che si vedono danneggiati nelle prospettive commerciali.
La sala consigliare Padana, questa volta era ben presidiata dalle forze dell’ordine della Repubblica Italiana che impedivano d’autorità l’accesso non soltanto ai comuni uditori, ma anche ai rappresentanti politici delle opposizioni, alle associazioni ambientaliste, anche alle associazioni di categoria come Confederazione degli Agricoltori, Confederazione degli Esercenti, enti e perfino ai giornalisti privati del diritto di cronaca quasi tutti i potenziali oppositori di Veneto City fossero tutti dei sovversivi.
Ma è davvero così sovversivo, oggi, tentare di proteggere l’ambiente ?
Leggete questa citazione:
La terra è stata creata
come un bene comune per tutti,
per i ricchi e per i poveri.
Perché allora, voi ricchi,
vi arrogate un diritto esclusivo sul suolo?
Quando tu aiuti il povero,
tu o ricco,
non gli dai del tuo,
ma gli rendi il suo.
Infatti la proprietà comune,
che è stata data in uso a tutti
tu solo la usi;
la terra è di tutti,
non solo dei ricchi.
Chi ha scritto queste parole ?
Forse qualche pericoloso sovversivo ?
No !
Queste sono le parole nientemeno di S. Ambrogio (339-397), vescovo di Milano e dottore della S. Chiesa, che nel corso della sua vita è passato anche da queste parti dove ancora la frazione di Sambruson, nel comune di Dolo, porta il suo nome.
Forse oggi S. Ambrogio rimarrebbe inorridito rivedendo ora gli stessi luoghi di allora.
Anticamente, anche l’attuale Veneto era un luogo ricoperto di boschi dove si concentrava la maggiore quantità di biodiversità.
La conservazione della biodiversità era ottenuta in presenza di insediamenti umani e di uso delle risorse.
Durante la preistoria, le popolazioni dei boschi si sono adattate alle caratteristiche del luogo definendo comportamenti che non destrutturavano i luoghi.
Hanno controllato le nascite in relazione alla disponibilità delle risorse e le abitazioni si adattavano ai caratteri del territorio.
Proprio questa capacità di adattare e di adattarsi ha reso possibile a gran parte delle società tradizionali di convivere con la diversità naturale.
A partire da questa capacità le comunità hanno variato la produzione agricola da luogo a luogo ed hanno strutturato una ricchezza culturale formata da linguaggi, usi e costumi differenti.
Alla differenza degli habitat ha corrisposto differenza culturale, a ricchezza naturale ha corrisposto ricchezza umana in un’unica relazione.
Che nel nostro pianeta le culture agemoni abbiano difficoltà a relazionarsi pariteticamente con culture diverse è un dato di fatto.
E’ una storia antica fatta di sopraffazioni di popoli su popoli, di colonizzazioni sopportate da profondi convincimenti ideologici, politici e religiosi strutturati intorno alla dogmatica certezza di proporre la migliore forma di vita sulla terra.
I filosofi greci ci hanno trasmesso il concetto embrionale di democrazia partecipativa, chiarendoci però che eravamo troppi per esercitarla assieme e che era, perciò, necessario delegare qualcun altro per esercitarla.
Fortunatamente, poi, Menenio Agrippa ha fatto capire al popolo affamato quanto sia giusto che in tempi di carestia mangi soltanto chi ci rappresenta: una lezione imparata bene anche da chi qui amministra ora il nostro futuro, attento a nutrire sè stesso, forte del mandato ricevuto.
Da migliaia di anni una parte dell’umanità ha “dichiarato guerra” al resto della popolazione mondiale: dalla leggera diffidenza alla palese ostilità si è fatto molto per destrutturare le comunità locali, per “educarle”, ridicolizzarne i miti, denigrarne gli ideali, imporre regole, mercati, sfruttarne le risorse.
Da centinaia di anni un modello uniformato è stato sostenuto quale soluzione unica, assoluta, esatta.
Secondo questo modello la natura è una risorsa, spiritualmente arida, verso la quale non è necessario porre rispetto, così che la quasi totalità della popolazione planetaria ha perduto la consapevolezza dello stretto rapporto intercorrente tra individuo e natura.
Quindi quando noi conserviamo l’ambiente siamo profondamente “sovversivi” perchè proponiamo e pratichiamo un modello culturale radicalmente diverso da quello che la storia ci propone.
Siamo ormai in pieno clima natalizio e vi invitiamo a leggere, almeno una volta per intero, per vedere quanto rispetto per la natura e che profonda visione della vita vi sia nel discorso pronunciato nel 1854 dal Capo indiano Seattle, un “selvaggio”, in risposta alla richiesta del presidente degli Stati Uniti George Washington di cedere il territorio indiano all’inesorabile avanzata dei coloni.
“Come potete acquistare o vendere il cielo, il calore della terra ?
L’idea ci sembra strana.
Se noi non possediamo la freschezza dell’aria, lo scintillio dell’acqua sotto il sole come e’ che voi potete acquistarli ?
Ogni parco di questa terra e’ sacro per il mio popolo.
Ogni lucente ago di pino, ogni riva sabbiosa, ogni lembo di bruma dei boschi ombrosi, ogni radura, ogni ronzio di insetti e’ sacro nel ricordo e nell’esperienza del mio popolo.
La linfa che cola negli alberi porta con sé il ricordo dell’uomo rosso.
Noi siamo una parte della terra, e la terra fa parte di noi.
I fiori profumati sono i nostri fratelli, il cavallo, la grande aquila sono i nostri fratelli, la cresta rocciosa, il verde dei prati, il calore dei pony e l’uomo appartengono tutti alla stessa famiglia.
Quest’acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non e’ solamente acqua, per noi e’ qualcosa di immensamente significativo: e’ il sangue dei nostri padri.
I fiumi sono nostri fratelli, ci dissetano quando abbiamo sete.
I fiumi sostengono le nostre canoe, sfamano i nostri figli.
Se vi vendiamo le nostre terre, voi dovrete ricordarvi, e insegnarlo ai vostri figli, che i fiumi sono i nostri e i vostri fratelli e dovrete dimostrare per i fiumi, lo stesso affetto che dimostrerete ad un fratello.
Sappiamo che l’uomo bianco non comprende i nostri costumi.
Per lui una parte di terra e’ uguale all’altra, perché e’ come uno straniero che arriva di notte e alloggia nel posto che più gli conviene.
La terra non e’ suo fratello, anzi e’ suo nemico e quando l’ha conquistata va oltre, più lontano.
Tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo, come se fossero semplicemente delle cose da acquistare, prendere e vendere come si fa con i montoni o con le pietre preziose.
Il suo appetito divorerà tutta la terra e a lui non resterà che il deserto.
Non esiste un posto accessibile nelle città dell’uomo bianco.
Non esiste un posto per vedere le foglie e i fiori sbocciare in primavera, o ascoltare il fruscio delle ali di un insetto.
Ma forse e’ perché io sono un selvaggio e non posso capire.
Il baccano sembra insultare le orecchie.
E quale interesse può avere l’uomo a vivere senza ascoltare il rumore delle capre che succhiano l’erba o il chiacchierio delle rane, la notte, attorno ad uno stagno?
Io sono un uomo rosso e non capisco.
L’indiano preferisce il dolce suono del vento che slanciandosi come una freccia accarezza la faccia dello stagno, e preferisce l’odore del vento bagnato dalla pioggia mattutina, o profumato dal pino pieno di pigne.
L’aria e’ preziosa per l’uomo rosso, giacché tutte le cose respirano con la stessa aria: gli animali, gli alberi, gli uomini, tutti respirano la stesa aria.
L’uomo bianco non sembra far caso all’aria che respira. Come un uomo che impiega parecchi giorni a morire resta insensibile alle punture.
Ma se noi vendiamo le nostre terre, voi dovrete ricordare che l’aria per noi e’ preziosa, che l’aria divide il suo spirito con tutti quelli che fa vivere.
Il vento che ha dato il primo alito al Nostro Grande Padre e’ lo stesso che ha raccolto il suo ultimo respiro.
E se noi vi vendiamo le nostre terre voi dovrete guardarle in modo diverso, averne cura in modo sacro e considerarle un posto in cui anche l’uomo bianco possa andare a gustare il vento reso dolce dai fiori del prato.
Considereremo l’offerta di acquistare le nostre terre.
Ma se decidiamo di accettare la proposta io porrò una condizione: l’uomo bianco dovrà rispettare gli animali che vivono su questa terra come se fossero suoi fratelli.
Che cos’e’ l’uomo senza gli animali ?
Se tutti gli animali sparissero, l’uomo morirebbe di una grande solitudine nello spirito.
Poiché ciò che accade agli animali prima o poi accade anche all’uomo.
Tutte le cose sono legate tra loro.
Dovrete insegnare ai vostri figli che il suolo che essi calpestano e’ fatto dalle ceneri dei nostri padri.
Affinché i vostri figli rispettino questa terra, dite loro che essa e’ arricchita dalle vite della nostra gente.
Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri: la terra e’ la madre di tutti noi.
Tutto ciò che di buono arriva dalla terra arriva anche ai figli della terra.
Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su se stessi.
Noi almeno sappiamo questo: la terra non appartiene all’uomo, bensì e’ l’uomo che appartiene alla terra.
Questo noi lo sappiamo.
Tutte le cose sono legate fra loro come il sangue che unisce i membri della stessa famiglia.
Tutte le cose sono legate fra loro.
Tutto ciò che si fa per la terra lo si fa per i suoi figli.
Non e’ l’uomo che ha tessuto le trame della vita: egli ne e’ soltanto un filo.
Tutto ciò che egli fa alla trama lo fa a se stesso.
C’e’ una cosa che noi sappiamo e che forse l’uomo bianco scoprirà presto: il nostro Dio e’ lo stesso vostro Dio.
Voi forse pensate che adesso lo possedete come volete possedere le nostre terre ma non lo potete.
Egli e’ il Dio dell’uomo e la sua pietà e’ uguale per tutti: tanto per l’uomo bianco quanto per l’uomo rosso.
Questa terra per lui e’ preziosa.
Dov’e’ finito il bosco?
E’ scomparso.
Dov’e’ finita l’aquila ?
E’ scomparsa.
E’ la fine della vita e l’inizio della sopravvivenza”.
L’ambiente (terra, acqua, aria) è un diritto inalienabile di chi lo vive.