Dolo deve il suo sviluppo al progressivo ridimensionamento della potenza marittima di Venezia, storicamente orientata verso Dalmazia, Egeo e Medio Oriente, avvenuta con la caduta dell’impero di Bisanzio, all’espansionismo islamico e all’apertura di nuove vie di navigazione verso le Americhe con la conseguente necessità di rivolgere suoi nuovi interessi commerciali verso l’entroterra.
Già agli inizi del XV secolo, documenti testimoniano l’esistenza di un borgo che, sviluppandosi, diede origine all’importanza economica di Dolo, sempre collegata alla costruzione dei suoi molini che raccoglievano il grano dai vicini territori agricoli per poi macinarlo e imbarcare la farina su barche da carico trainate da cavalli lungo le rive del Naviglio Brenta fino alla laguna, da dove proseguivano direttamente fino alla Venezia insulare.
Il territorio era interessato da imponenti opere idrauliche che portarono alla deviazione del ramo principale del Brenta tramite un canale artificiale che faceva sfociare il fiume a sud di Chioggia, mentre il solo ramo della Brenta Vecchia sfocia tuttora in laguna nei pressi di Fusina.
Lo scopo di queste megalitiche opere idrauliche era principalmente quello di evitare che le acque dolci dei fiumi causassero il progressivo interramento della laguna causando l’impaludimento della stessa e mantenere così un elevato grado di salinità necessario per rendere praticabile la navigazione e l’esistenza stessa di Venezia.
La giurisdizione di Dolo che fino al 1405 era stata di Padova, passò definitivamente a Venezia e tuttora sull’antica linea di demarcazione, Via Confine segna ad est il limite amministrativo tra il comune di Dolo e il comune di Mira in una zona ormai completamente urbanizzata dove le case che si affacciano di rimpetto sui due cigli, appartengono ad un comune o all’altro.
Il Burchiello trasportava i veneziani direttamente in riviera navigando sul fiume Brenta che consideravano come un naturale prolungamento del Canal Grande, per trascorrere le loro vacanze estive in questo luogo agricolo.
E come sul Canal Grande, costruivano in Riviera del Brenta le loro sfarzose ville che riproponevano le feste, le arti e le usanze di Venezia.
Per controllare il livello navigabile delle acque venivano costruite molte chiuse e i resti di una importante conca, ormai interrata, sono ben visibili al centro di Dolo.
Una lunga tabella in marmo nelle vicinanze riportava le tariffe del pedaggio delle barche da trasporto dirette provenienti o dirette a Padova.
A fianco delle porte della conca, uno Squero serviva alla riparazione e al ricovero delle barche mentre tutt’attorno le calli limitrofe ospitavano i laboratorio dei calafati.
L’origine del nome di Dolo è piuttosto incerta e controversa.
Alcuni propongono l’ipotesi che il nome sia da attribuirsi alla contrazione di “Dandolo”, cognome di una nobile famiglia veneziana che ha dato alla città anche un doge e che qui possedeva un feudo.
Più verosimilmente, il nome del paese è forse dovuto al fatto che anticamente pare qui esistesse un “dolon”, cioè, in veneto arcaico, un torrione che in seguito sarebbe stato poi demolito.
L’attuale ricchezza della Riviera del Brenta deve il suo impulso originario all’attività dei molini andando gradualmente a modificare gli interessi dal settore agricolo al terziario.
Storicamente importanti sono anche le frazioni di Arino e specialmente quella di Sambruson, di origini romane e certamente più antica di Dolo, che deve il proprio nome ad un presunto passaggio di Sant’Ambrogio.
Sambruson
Ebbe origine in epoca romana come crocevia di strade e punto di scambi commerciali che dalla via Annia proseguivano poi per via Altinate che passava per le zone di Stra, Sambruson, i Bottenighi (Marghera), Mestre, Campalto fino ad arrivare ad Altino, lungo la quale si svilupparono vari centri abitati.
Il nome deriva da Sant’Ambrogio, o Santo Brusone, come appare in certi documenti del Monastero di S. Ilario.
La tradizione fa risalire alla fine del IV secolo d.C. l’edificazione di una chiesa matrice in onore di Sant’Ambrogio, dopo che il Vescovo di Milano era passato per la zona.
Altri, prudentemente, ricordano che la prima notizia storica documentata risale al 1192: un lascito alla ‘chiesa di Santo Bruxone’, già comunque chiesa ‘pievana’.
Sambruson è zona archeologica.
Arino
Il primo documento che si riferisce al ‘Vico’ Arino è del 1073. Nel 1077 è chiamato ‘Pieve’, segno che già godeva di una certa importanza.
Il fatto poi, che sotto il dominio longobardo fosse oggetto di una grande venerazione l’angelo Michele e che il Patrono di Arino, sia appunto, San Michele, confermerebbe l’antichità del paese.
L’origine del nome è incerta.
Forse è legata alla nobile famiglia Adrinis, antica proprietaria di quei terreni.
Altri ipotizzano un significato diverso, legato alla natura stessa del luogo, ‘senza radici’ (dal greco), paludoso.
Arino è inserita marginalmente in un’area di ‘centurazione romana’.
Un tempo doveva esserci una torre, costruita dai padovani nel periodo delle lotte contro i veneziani, a guardia dei ‘serragli’, ossia fossati e canali trasformati in trincee.
Via Torre e il fiumicello Serraglio rimangono di ciò gli unici ricordi.