In questo giorni i cittadini contribuenti della Riviera del Brenta stanno ricevendo a tutta forza i bollettini di pagamento della tassa per il consorzio di bonifica Brenta-Bacchiglione, con scadenza immediata entro il 20 Dicembre 2010.
Questa tassa regionale, che era in precedenza stata abolita, è stata ripristinata in fretta e furia subito dopo l’alluvione del Bacchiglione nella bassa Padovana degli inizi di novembre 2010, con una legge regionale che include una taglia per l’abbattimento delle nutrie.
La tassa grava ancora sulle abitazioni residenziali, piuttosto che sugli insediamenti produttivi industriali.
Il famoso emendamento di Pierangelo Pettenò, impegna la giunta regionale «ad aprire da subito la caccia alle nutrie».
Chi ha guardato le TV private locali in quei giorni avrà notato pavoneggiarsi il sanguigno vice sindaco di Treviso, noto xenofobo e zoofobo, prendendosela in maniera focosa contro le nutrie che, secondo lui, sarebbero le principali artecifi del dissesto idrogeologico che ha causato il disastro.
Secondo la prevalente opinione che ci vorrebbero far assimilare, a causare il disastro non sarebbe quindi la dissennata cementificazione del territorio, la continua costruzione di capannoni e strade che consumano la campagne del naturale bacino di espansione dei fiumi sottraendole all’uso agricolo, ma queste simpatiche baffute bestiole, una famigliola delle quali anche gli abitanti di Dolo sono abituati a veder nuotare pacifiche nelle acque del naviglio Brenta di fronte allo squero.
L’ostilità verso le nutrie trova l’inconsapevole motivazione nelle radicate e ataviche credenze popolari dei Veneti, ai quali le nutrie sembrano uguali alle schifose pantegane, forse per la forma simile della loro lunga coda.
Trasversalmente agli schieramenti politici, da destra a sinistra, e alle associazioni ambientaliste (incluso nostri “cugini” ambientalisti del WWF) tutti sono concordi nel sentenziare lo sterminio delle nutrie.
Certo, translando dall’ambiente umano a quello animale i nostri nascosti pregiudizi è sempre più facile e più conveniente ritenere colpevole di ogni disgrazia lo straniero, il diverso, coloro che non si conoscono piuttosto che l’amico autoctono,locale e conosciuto.
Ancora una volta sono gli “extracomunitari” immigrati a portare via il lavoro ai locali: ” prima i “nostri ” recita un famoso slogan, anche se si sa benissimo che gli immigrati occupano solo i posti dalle mansioni più umili che nessun italiano vorrebbe mai più fare.
Ancora una volta, è meglio preservare l’habitat in favore di una nostrana folaga, piuttosto che per una nutria forestiera.
E’ più facile ignorare origini e abitudini di chi proviene da ambienti diversi dai nostri, piuttosto che sforzarsi a studiare e comprendere le diversità.
Ma lo sterminio di una razza non è mai una cosa giusta.
Ricordiamoci che soltanto 70 anni fa questo stesso concetto ha causato ben altre atrocità.
Al contrario, l’apporto di nuove culture, conoscenze, abitudini è un arricchimento per la nostra società, così come la biodiversità è un abbellimento per il nostro mondo.
E’ vero, i problemi ambientali del nostro territorio sono molti e seri: le previste costruzioni della Romea Commerciale, Camionabile, Veneto City, Città della Moda, urbanizzazioni incontrollate, sono tutte opere che, se verranno approvate, distruggeranno la bellezza della Riviera del Brenta, togliendo per sempre territorio all’agricoltura e il nostro modo di vivere sarà peggiore come l’ habitat di umani e animali.
Queste indubbie priorità non possono, tuttavia, giustificare la disinformazione accettando di essere presi in giro fino al punto di credere supinamente che davvero le nutrie siano animali nocivi e dannosi e i principali responsabili della devastazione delle rive dei nostri fiumi.
Ancora una volta la colpa dei disastri è stata la supponenza umana e la continua rincorsa al guadagno, senza il rispetto dell’ambiente e delle altre forme viventi.
Iniziamo, allora, a conoscere meglio le nutrie !
Prima di tutto, le nutrie non sono dei topi ma dei roditori non carnivori che si alimentano esclusivamente di erbe e prodotti vegetali.
Originari dei grandi fiumi sudamericani di Argentina e Uruguay, sono stati importati massivamente negli anni ’50, quando la vanità della moda imponeva anche alle donne della classe medio-bassa a competere in eleganza con le signore delle classi più alte che invece sfoggiavano costosi visoni, accontentandosi di indossare le più ecomomiche pellicce di Rat Musquet (o Castorino, come venivano chiamate le pellicce fatte con la pelle di nutria).
Molti erano gli allevamenti di nutria nella zona di Rovigo e del Polesine.
Passata la moda, per liberarsene, gli allevatori non trovarono di meglio rilasciare le nutrie nelle acque dei nostri fiumi e lagune, anzichè rimpatriarle ai paesi d’origine.
Appartenenti alla famiglia dei “miocastoridi”, questi animali hanno una potenzialità riproduttiva e una capacità di adattamento alle condizioni climatiche estremamente elevata.
Paradossalmente, l’unico animale predatore autoctono che potrebbe limitarne naturalmente la prolificazione è proprio la volpe, che invece è essa stessa oggetto di sterminio per una dissennata legge sulla caccia.
Questi animali sono inoltre tranquilli e non aggressivi.
Per l’uomo non sono pericolosi, anche se potrebbero avere qualche reazione se molestati, nè più, nè meno di come reagirebbe il vostro cagnolino di famiglia.
Occorre ricordare che, se messo alle strette, come ogni animale, anche una nutria può diventare pericolosa: il suo morso può lasciare dei segni profondi.
C’è chi sostiene che siano portatori di malattie come la leptospirosi ma una attenta indagine condotta dall’Istituto Zooprofilattico di Brescia ha dimostrato si tratta di pure dicerie: le nutrie selvatiche non sono portatrici di virus infettivi per l’uomo né per gli animali da allevamento.
Le tane che scavano le nutrie non sono dissimili a quelle scavate dai conigli quando vivono il libertà, ma c’è chi sostiene, invece, che siano le loro gallerie a far franare gli argini dei fiumi: questo fenomeno è irrilevante se paragonato ai danni provocati alle rive del naviglio Brenta, dalle grandi onde causate dal continuo passaggio dei Burchielli, le grandi navi fluviali a motore che trasportano i turisti da Venezia a Padova.
Sarebbe forse meglio limitare questo traffico e gradualmente iniziare a vivere il nostro fiume come lo vivevano i nostri antichi antenati, cioè incrementando attività e sport meno impattanti sulla fragilità del territorio, come la tradizionale voga veneta o il canotaggio o il kayak.
Ci sono poi delle teorie che dicono esser pesante l’impatto che tale specie può esercitare sulle biocenosi vegetali ed animali dei Paesi d’introduzione.
E’ per questo motivo che il Ministero dell’Ambiente, suggeriscono agli organi preposti l’eradicazione di tutti gli esemplari individuati.
“La presenza della Nutria sul territorio nazionale – si legge sul sito del Ministero
(http://www.minambiente.it/index.php?id_sezione=904)
– deve considerarsi indesiderabile ed è opportuno adottare strategie di gestione che tendano a limitare in maniera efficace la diffusione della specie e la consistenza delle popolazioni”.
Allo stesso modo la pensa Wwf Italia – sezione Conservazione Ecoregione Mediterraneo Centrale – che come palliativo propone di uccidere le nutrie solo in modo indolore, dopo averle narcotizzate con il cloroformio.
Alle autorità stesse, non sembra tuttavia chiaro il reale pericolo rappresentato dalle nutrie.
In un documento rilasciato dal Ministero dell’Ambiente in associazione con l’Istituto nazionale per la fauna selvatica “Alessandro Ghigi”
(http://www.agrimodena.it/cacciapesca…uidanutria.pdf)
si legge: “L’impatto che la nutria può esercitare sulle biocenosi vegetali ed animali dei Paesi
d’introduzione è ancora poco studiato e pertanto sarebbe azzardato trarre conclusioni definitive.
Ciò nonostante, diversi studi hanno evidenziato interazioni conflittuali con vari elementi delle biocenosi locali, anche se nessuna di queste sembra aver avuto effetti irreversibili”.
Perché allora scegliere di sterminare la specie ?
Sempre il Ministero dell’Ambiente parla di possibili pericoli per l’uomo.
“La nutria – si legge – può costituire un serbatoio per la diffusione di alcuni parassiti.
I più importanti sono le fasciole come Fasciola epatica e le leptospire come leptospira interrogans.
Questi, come alcuni batteri presenti nella nutria, possono essere diffusi nell’ambiente e trasmessi all’uomo.
La probabilità di questa trasmissione è sostanzialmente legata all’ecologia dei portatori.
Nella nutria la presenza di leptospire è stata evidenziata in particolare nelle feci e nell’urina rilasciata nell’erba.
Ciò può causare la trasmissione della leptospirosi ad altri animali selvatici ed al bestiame allevato”.
Dichiarazioni che vanno a cozzare con lo studio portato a termine dall’Istituto Zooprofilattico di Brescia.
Forse servirebbero studi più approfonditi sulla specie in questione e, solo una volta avuti dei risultati attendibili, si dovrebbe optare per scelte così drastiche.
Nella nostra epoca e in un territorio così già fortemente antropizzato come in nostro, la presenza delle nutrie non è evidentemente uno dei problemi principali, ammesso che sia un problema.
E allora, in mancanza di certezze sulla loro mai provata dannosità, lasciamo che anche le nostre nutrie continuino a sguazzare tranquille nelle acque dei nostri canali della Riviera, assieme ai germani reali, alle oche, alle garzette, agli aironi cinerini: certamente il territorio ci guadagna.