Legambiente è un’associazione plurale nelle idee e aperta al confronto interno e con l’esterno, con vantaggio di tutti. Per questo pubblichiamo la lettera che il Circolo Legambiente “Dai Colli all’Adige” di Este ha inviato a Legambiente Nazionale sulla questione “rifiuti nei cementifici”, convinti che essa possa contribuire a far comprendere meglio il problema.
(Nel frattempo, abbiamo saputo che la Commissione Ambiente della Camera ha espresso parere contrario. Bene! Il problema si sposta ora alla prossima legislatura.)
Risposta alla Lettera ai Circoli dell’8-feb-2013 “Nota sull’uso dei combustibili da rifiuti (CSS) nei cementifici”
Cari Dirigenti Nazionali di Legambiente, dobbiamo dire con sincerità che la vostra lettera ci ha amareggiati, soprattutto per il tono usato nella parte finale (Se c’è un aspetto negativo nell’impiego di CSS nei cementifici, è legato alle quantità in gioco…) che se circolasse tra le altre associazioni e comitati ci metterebbe in seria difficoltà. Non crediamo che sia il caso di trattare con leggerezza la “carenza” di cementifici, quando invece ci troviamo di fronte a una sovraproduzione di cemento, che costituisce un caso ormai quotidianamente denunciato, oltre che dagli ambientalisti (e dai vostri Dossier), anche dalla stampa “liberale”. Scrive ad esempio Stefano Rodi nel Corriere della Sera del 25 gennaio nell’articolo Case, strade e capannoni: l’Italia è in ginocchio con i piedi nel cemento : “…produciamo cemento come nessun altro: una media di 565 chilogrammi per cittadino, di fronte a una media europea di 404.”.
Ma è soprattutto sull’uso del Combustibile Solido Secondario (CSS) nei cementifici che abbiamo notevoli riserve, che cercheremo di esporvi.
Innanzi tutto premettiamo che i tre cementifici esistenti nel raggio di 5 km nella nostra zona (Parco Regionale dei Colli Euganei) sono dichiarati “incompatibili” con il Parco dallo stesso Piano Ambientale del Parco: motivo per cui rifiutiamo che, in questo momento di crisi del cemento a causa della riduzione di produzione e consumo, essi si rifinanzino approfittando dei vantaggi (supponiamo notevoli) offerti dall’uso del CSS su cui in tutta fretta, oggi, a 10 giorni dalle elezioni, la Commissione Ambiente di un Parlamento scaduto sta legiferando. Che fretta c’era se non quella di offrire ossigeno a qualche cementificio in crisi?
Vi risparmiamo la vicenda del “revamping” del Cementificio Italcementi di Monselice, 2 volte fermato dal TAR Veneto e 2 volte rimesso in pista dal Consiglio di Stato (ultima sentenza lo scorso 24 gennaio), che dal decreto sui CSS potrebbe trovare nuova linfa…
Sulla posizione che esclude l’utilizzo del CSS come combustibile nei cementifici “all’interno delle aree protette e immediatamente a ridosso delle stesse, ad es parchi regionali e nazionali” concorda del resto Legambiente regionale Veneto, che ha in discussione il documento “Per la gestione dei rifiuti”, nel quale si prevede anche che non si brucino CSS nei cementifici negli ambiti territoriali o province già dotate di inceneritore. E la provincia di Padova è in questa condizione.
Ma non basta: si deve considerare anche l’assurdità che si brucino CSS nei cementifici di province che hanno oltre il 60% di raccolta differenziata: “bechi e bastonà”, così si dice in Veneto.
Questa considerazione vale in pratica per tutto il Nord, dove sono collocati 21 dei 57 cementifici italiani a ciclo completo, nei quali soltanto sarebbe consentito l’uso del CSS.
Altro motivo di inquietudine è un’affermazione contenuta nel decreto in discussione, che dice testualmente che per i cementifici “ricorrere all’utilizzo del CSS, in parziale sostituzione dei combustibili fossili tradizionali, costituisce, ad ogni effetto di legge, modifica non sostanziale”.
Se a ciò si aggiunge che i CSS non sono più considerati rifiuti, ma rifiuti speciali che possono essere acquistati e venduti in tutto il Paese, non riusciamo a capire come si potranno imporre (e verificare che siano rispettati) limiti di legge più restrittivi, derivanti dal decreto legislativo 133/2005. Tanto più che nel decreto CSS non ci sembra si faccia riferimento all’allegato 2, paragrafo A, punto 2 del D Lgsl 133/2005 sopra citato (“disposizioni speciali relative ai forni per cemento che coinceneriscono rifiuti”).
E anche ammesso che si citassero le leggi da applicare, chi garantisce sulla loro corretta e tempestiva applicazione? Noi da decenni a Este abbiamo a che fare con un cementificio situato a ridosso del centro storico e da sempre abbiamo lottato per il suo risanamento e controllo, con qualche risultato, ma mai soddisfacente. Ad esempio recentemente come Circolo abbiamo denunciato la situazione aleatoria dei limiti degli Ossidi di Azoto (NOx), responsabili di malattie delle vie respiratorie, nei cementifici. Per quale motivo per la Cementizillo di Este (situata a ridosso di un centro abitato da 17.000 persone) e per i due cementifici di Monselice (Italcementi e Zillo-ex Radici) il limite è di 1800 mg/Nmc, mentre per lo stabilimento Zillo di Fanna-PN (1700 abitanti) lo stesso è di 1400 e per l’Italcementi di Colleferro (Roma) 800? Perché queste differenze? L’abbiamo denunciato pubblicamente e abbiamo provato in tutti i modi a capire chi fissa i suddetti parametri, ma senza risultato!
Per quanto riguarda la vostra opinione di favore all’uso dei CSS nei cementifici “se servissero a chiudere qualche inceneritore”, neppure essa ci convince.
Vi riportiamo alcune considerazioni che abbiamo recentemente condiviso nel Coordinamento delle Associazioni del Parco Colli Euganei e che sottoponiamo alla vostra analisi critica.
1. Attualmente i cementifici hanno, per gli stessi inquinanti (polveri, ossidi di azoto, anidride solforosa), dei limiti di emissione da 3 (polveri) a 12 volte (SO2) più permissivi rispetto agli inceneritori.
Se poi consideriamo che la quantità di fumi (portata =metri cubi per ora) che esce da un cementificio è mediamente di ca 10 volte più elevata di un inceneritore, ne deriva che l’inquinamento generato (per le sostanze sopracitate) da un cementificio può essere da 30 a 120 volte superiore rispetto a quello di un inceneritore.
2. In aggiunta, un cementificio che brucia rifiuti ha limiti per l’NOx, secondo la legislazione citata, nella migliore ipotesi, cioè quella riguardante un nuovo cementificio, di 500 mg/Nmc contro i 200mg/Nmc di un inceneritore. Tenendo conto delle portate ciò equivale, per NOx, ad un inquinamento 25 volte superiore (500/200×10). Cioè un cementificio, rispettando il D.L. 2005, può inquinare legalmente (con riferimento a NOx) come 25 inceneritori. (NB: Da non dimenticare che nel ns. territorio ci sono 3 cementifici nel raggio di 5 km.) 3. Da ricordare anche che nei forni dei cementifici possono essere introdotti come “materia prima” rifiuti contenenti pericolose sostanze volatili, che, per effetto del riscaldamento, possono immettere nell’ambiente “fumi più o meno tossici” .
Concludiamo chiedendovi di ridiscutere la questione alla luce di quanto vi abbiamo esposto e restiamo in attesa di leggervi al riguardo.
Cordiali saluti
Este, 11 febbraio 2013