Riportiamo questa nota diffusa da Legambiente nazionale sulla questione dell’utilizzo di combustibile derivato dai rifiuti nei cementifici.
“In queste ultime settimane stanno circolando su internet richieste di adesione a petizioni e a mail bombing da indirizzare ai parlamentari uscenti per fermare l’approvazione di un decreto che faciliterebbe l’uso del CSS (combustibile solido secondario: è un’evoluzione del vecchio CDR) nei cementifici in parziale sostituzione (in genere il 20%-30% dei combustibili tradizionali).
Questi appelli sono purtroppo inesatti e fuorvianti su questa opzione di uso energetico, a cui abbiamo sempre guardato con attenzione per contrastare la realizzazione di nuovi inceneritori.
Proprio in questa ottica nella scorsa assemblea nazionale dei circoli di Rispescia nel gruppo di lavoro sui rifiuti abbiamo dedicato a questa forma di gestione dei rifiuti una delle relazioni introduttive (quella tenuta dal nostro dirigente piemontese Michele Bertolino) e vale la pena richiamare i concetti espressi anche in quella sede per valutare serenamente le opportunita’ garantite dal recupero energetico in impianti industriali esistenti (vale la pena ricordare che diversi cementifici hanno già autorizzazioni e utilizzano rifiuti speciali e pericolosi, a prescindere dall’approvazione di questo decreto).
Bruciare CSS nei cementifici:
– di per sè non peggiora le emissioni inquinanti.
Al contrario impone a questi impianti limiti di legge piu’ restrittivi e quindi l’utilizzo di migliori tecnologie di abbattimento.
I combustibili “tradizionali” dei cementifici (come il petcoke o il polverino di carbone) sono porcherie ben peggiori del CSS. E purtroppo in base alla normativa vigente un cementificio che brucia questi combustibili tradizionali può emettere inquinanti in atmosfera entro limiti di legge molto più permissivi (quali sono quelli previsti per gli impianti industriali in generale), mentre quando bruciano anche il CSS quei limiti di emissione diventano più restrittivi, in quanto per essere autorizzati ad operare col combustibile da rifiuti gli impianti vengono assimilati ad inceneritori. Tanto per fare un esempio, secondo la legge vigente un impianto industriale puo’ emettere diossine fino a 10.000 nanogrammi/mc, mentre per un inceneritore il limite e’ di 0,1 nanogrammi/mc. Se un cementificio e’ autorizzato a bruciare anche CSS, deve rispettare il limite di 0,1 per le diossine e questo impone un radicale miglioramento dell’impianto e di conseguenza delle sue emissioni (lo stesso vale anche per metalli pesanti e altri microinquinanti);
– rende i cementifici più controllati.
I cementifici quando bruciano CSS sono obbligati a monitorare alcuni inquinanti – come ad esempio le diossine – che non sono obbligati a monitorare per legge quando bruciano le altre schifezze classificate come combustibili tradizionali;
– a parità di risultati, bruciare CSS in un cementificio è meglio che in un inceneritore sotto il profilo delle emissioni di CO2: nel primo caso (cementificio) infatti il CSS sostituisce un (pessimo) combustibile fossile, che comunque verrebbe impiegato; nel secondo caso (inceneritore) invece i rifiuti verrebbero usati per produrre calore, in parte convertito in elettricità (al massimo per il 25%), in parte (nei paesi e nei mesi freddi) usato in reti di teleriscaldamento, in parte (la gran parte) semplicemente disperso nell’ambiente come calore: gli inceneritori, anche i migliori possibili, sono macchine intrinsecamente inefficienti sotto il profilo del recupero energetico, specie nei paesi caldi;
– e in ultimo, ma non per importanza, può evitare la costruzione di nuovi impianti di incenerimento.
Questa opzione di recupero energetico può essere utilizzata in modo temporaneo e in alternativa alla realizzazione di inceneritori da costruire ex novo. Questi, una volta realizzati, soprattutto se sovradimensionati, funzioneranno a pieno regime per almeno 15-20 anni vanficando ogni scenario di aumento del riciclaggio da raccolta differenziata e di sviluppo delle politiche di prevenzione, ancora oggi ampiamente disattese.
E infatti, non a caso, questa opzione e’ da sempre osteggiata dalle aziende che costruiscono e gestiscono inceneritori.
Se c’è un aspetto negativo nell’impiego di CSS nei cementifici, è legato alle quantità in gioco: purtroppo (o meglio per fortuna) di cementifici non ce n’è abbastanza per bruciare tutto ciò che oggi finisce in inceneritore o, peggio, in discariche per rifiuti. Quindi, i cementifici non sono la soluzione definitiva del problema rifiuti: per quello occorrono efficienti politiche di riduzione prima e di raccolta differenziata e riciclaggio poi. In ogni caso se servissero a chiudere qualche inceneritore o a non aprire qualche discarica in giro per l’Italia, non sarebbe un risultato disprezzabile. Anzi.”
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Rossella Muroni
Direttore generale Legambiente
Stefano Ciafani
Vice presidente Legambiente