Cos'è il climate change

L’allarme è concreto e la sfida chiara: ci restano solo pochi anni per mantenere le temperature entro la soglia di 1,5° rispetto ai livelli pre-industriali. Questo è possibile solo dimezzando l’attuale livello di emissioni entro il 2030 e azzerandolo entro il 2050.

Per riuscirci serve un cambiamento veloce e radicale che deve coinvolgere tutti, cittadini, imprese e istituzioni, nel perseguimento degli obiettivi:

  • un nuovo modello energetico con l’uscita dalle fonti fossili e la riconversione industriale puntando all’economia circolare
  • una filiera agro-alimentare più sostenibile, con la tutela del suolo e delle foreste e la riduzione della produzione e del consumo di carne (in generale, e soprattutto quella bovina);
  • la riqualificazione energetica e il recupero degli edifici esistenti;
  • una mobilità tendenzialmente a zero emissioni, che privilegi il trasporto pubblico ed elettrico.

SIAMO TUTTI PROTAGONISTI: ORA TOCCA A NOI

LE CAUSE E GLI EFFETTI

I cambiamenti climatici sono principalmente causati dall’aumento della temperatura dell’atmosfera determinata dall’immissione di gas che aumentano l’effetto serra originati dalle attività umane, soprattutto dal modo di produrre e consumare energia, di alimentarsi, di muoversi. Le fonti fossili utilizzate per soddisfare i fabbisogni di energia elettrica e termica, come carbone, petrolio e gas, sono responsabili del 24% delle emissioni climalteranti. A queste si aggiungono quelle generate dai trasporti, a cui va un altro 24%, quelle legate al settore residenziale e commerciale per il 17%, quelle del settore industriale con l’11% e del settore agricolo con il 9%. Il settore agro-alimentare da solo, se si considerano le emissioni determinate da tutti gli aspetti della filiera, può superare il 30%.

ENERGIA, EFFICIENZA, MOBILITÀ, CIBO, EMENRGENZA, GIUSTIZIA: SEI SETTORI CHE NEL LORO COMPLESSO RAPPRESENTANO L’84% DELLE EMISSIONI TOTALI.

In questo scenario, lo scacchiere politico mondiale è un ulteriore motivo di preoccupazione. Si oscilla tra gli importanti progetti di riconversione del sistema energetico in Cina - principale produttore di gas serra - ai pericolosi sovranismi internazionali che a volte professano il negazionismo climatico, come gli Stati Uniti di Donald Trump, e altre, come nel caso del presidente brasiliano Jair Bolsonaro, minacciano un polmone verde del Pianeta come l’Amazzonia.

D’altra parte le industrie, con i loro ricorrenti tentativi di trivellare sottosuoli alla ricerca di nuovi giacimenti petroliferi o di disboscare intere foreste come quelle del Borneo in Indonesia e Malesia, non sono da meno.

Come ha ribadito l’Accordo di Parigi per la lotta ai cambiamenti climatici del 2015, è cruciale che i Paesi che hanno più gravi responsabilità storiche e maggiori capacità economiche siano in prima linea. L’Europa è senza dubbio tra questi.

Il Vecchio Continente possiede tutte le risorse per pianificare e praticare una strategia climatica mirata alla creazione di un’Europa libera dalle fonti fossili ed economicamente efficiente. Ma deve farlo rapidamente, riducendo entro il 2030 le sue emissioni del 65% rispetto ai livelli del 1990, per azzerarle entro il 2040.

Anche in Italia gli effetti della crisi climatica non tardano a farsi sentire, come dimostra la tempesta Vaia nel nord-est del Paese dello scorso anno o l’intensificarsi di eventi atmosferici estremi in quasi tutte le regioni. Fenomeni che coinvolgono le aree urbane e le campagne, mettendo in pericolo la vita delle persone, devastando l’agricoltura, cambiando la conformazione di coste e spiagge ma anche di zone più interne, come gli Appennini e l’arco alpino, provocando danni irreparabili all’ambiente, alle risorse idriche, agli ecosistemi, alla biodiversità e al capitale naturale delle aree protette, che invece rappresentano un elemento strategico nella lotta alla crisi climatica.

Guardiamo ai fatti. Il 2018 è stato dichiarato l’anno più caldo per l’Italia dal 1800. In quell’anno, secondo l’Osservatorio CittaClima di Legambiente, si sono verificati 150 eventi meteorologici estremi, 66 casi di allagamenti da piogge intense, 41 quelli di danni da trombe d'aria, 23 i danni alle infrastrutture e 20 esondazioni fluviali. Le vittime sono state 32.

E i problemi non finiscono qui. Saper interpretare i fenomeni e gli scenari del cambiamento climatico impone una riflessione sulle disuguaglianze tra i Paesi e sull’incremento del fenomeno dei migranti ambientali, cioè tutti coloro che sono costretti ad abbandonare le loro terre d’origine perché non sussistono le condizioni ambientali per vivere. Un altro dei temi che il cambiamento climatico obbliga tutti noi ad affrontare.

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